Che cos’è per te il coaching? Audra Bertolone intervista Doris Bisaro
“The world is mine oyster, which I with sword will open” – The merry wives of Windsor
Avete presente quando vi viene chiesto se avete un motto, una parola, un’immagine che vi rappresenti? Vi capita mai di dovervi sforzare per trovarne uno?
E spesso sono quei momenti di ricerca, proprio quelli in cui vi ritrovate a mettere in discussione la vostra vita. Cominciate a rispolverare i vostri valori, il senso delle cose che state facendo, per scoprire che non avete una scala di priorità, o che l’avete smarrita, che vi siete persi sul sentiero della vita avvolti da una nebbia fitta.
E poi arrivano i “perché?”, le mille domande con le quali sperate di ritrovare la via. Ma spesso così facendo diventate vittime di pensieri ruminanti che di fatto rallentano ancora di più il passo.
Ed è così che comincia il mio viaggio nel coaching. Dalla ricerca dell’immagine che mi rappresenta, che in fondo racchiude il succo della mia percezione della realtà, delle lenti attraverso le quali mi definisco e mi proietto verso l’esterno.
Ed è proprio il coaching che, con la sua grammatica e sintassi, mi ha permesso di portare in superficie molte convinzioni limitanti. Come gli strati di madreperla di una conchiglia, anche le mie convinzioni limitanti si erano stratificate nel corso degli anni in un guscio resistente e impenetrabile.
Il viaggio nel linguaggio interiore è meraviglioso e al contempo spaventoso.
I “perché” fanno riaffiorare molte paure ed insicurezze, fanno emergere errori, difetti e mancanze. Spesso i perché non sono altro che delle ragioni, spiegazioni, scuse che ci diamo. Quasi sempre sono elementi del passato. Ed è a questo punto che ho scoperto la potenza del linguaggio del coaching.
La semplice sostituzione di un pronome (“perché”) con pronomi diversi (“che cosa”, “come”, “in che modo”) e di un modo verbale (che sarebbe successo se tu avessi agito in modo diverso?) con un altro modo verbale (che succederebbe se tu agissi in modo diverso?) produce un effetto totalmente diverso sulla mente e nell’anima.
Per me, appassionata da sempre di linguaggi e delle culture che essi incarnano, è stata una scoperta entusiasmante. Costruire le domande con questi pronomi sprona all’esplorazione, orienta verso il futuro e produce un cambiamento, un’azione e un’energia positiva e costruttiva.
E proprio il cambio di prospettiva creato dalla lingua del coaching, mi ha fatto riscoprire l’immagine che meglio incarna il mio modo di percepire la realtà. “The world is your oyster” Espressione utilizzata in origine da Shakespeare nelle “Allegre comari di Windsor”, è venuta a significare nel linguaggio comune: “Il mondo è tuo, ti appartiene, vai e scopri il tuo senso della vita”.
La perla non sta sulla battigia, bensì racchiusa in un’ostrica e aprire quell’ostrica è possibile. Ci sono infinite possibilità per farlo, a te scoprire la tua.
La potenza delle domande del coaching, che risiede anche nell’architettura della frase, è stato lo strumento che ha aiutato me, e può aiutare anche te, ad aprire quel guscio duro costituito da convinzioni limitanti stratificate. Non la spada, quindi, come nella frase originale pronunciata da Pistol, ma la domanda potente.
Non i perché, ma i che cosa.
Il risultato?
Prezioso, come una perla.
Doris Bisaro,
Life Transition Coach Italian Coach Campus
Certified Bilingual Program