A Coaching Power Tool Created by Lia Ferrario
(Life Coach, ITALY)
Le prospettive di scarsità ed abbondanza vengono, in questo testo, analizzate a partire da esempi reali avvenuti durante le mie sessioni di coaching con i miei clienti. In particolare, ho scelto di analizzare queste due prospettive a partire da una metafora ricorrente, seppur modificata nei particolari, nella maggior parte dei percorsi dei miei clienti: quella che io definisco la metafora claustrofobica, ovvero la descrizione metaforica di un blocco che impedisce l’azione come di un vero e proprio oggetto che si frappone tra il cliente e la sua possibilità di agire.
Il power tool che ho scelto origina dalla metafora che molti clienti usano durante le sessioni di coaching, in una situazione nella quale la strada per proseguire verso ciò che desiderano hanno la sensazione sia bloccata da qualcosa che sembra impossibile superare.
Ho lavorato su questo tema con il trovarsi con le spalle al muro (Anna, 2019), di fronte a una porta chiusa (Maria, 2018), un cancello chiuso (Daniela, 2020), una staccionata (Anna, 2020), un vicolo cieco (Nicolò, 2020), una pietra nel fiume (Angelica, 2017). La sfida come coach è quella di riuscire ad entrare nella metafora ed esplorarla per scoprire quali significati il cliente dà all’elemento di blocco. Il cliente è invitato a fermarsi proprio sulla parola specifica che ha usato, che nella metafora costituiva un mezzo per significare che non ci sono strade da prendere, e analizzarlo come un oggetto vero e proprio, con il quale interagire.
Il cliente in questo modo visualizza il proprio blocco e dà dei confini e delle caratteristiche a quella che sentiva come impossibilità, che si trasforma da un oggetto non più vuoto, un negativo, un non-luogo (Augè,1992), ma diviene un oggetto vero e proprio, pieno, ha delle dimensioni, è fatto di un materiale, è un luogo reale e specifico, dà delle sensazioni e fornisce delle possibilità di interazione.
Lo step seguente è visualizzare cosa il cliente immagina, percepisce o sa esserci dietro al blocco. Cosa c’è dietro al muro? Dietro la porta chiusa? Dietro la recinzione? Ogni cliente visualizza a modo suo ciò che, nella metafora, significa ciò che potrebbe essere o ottenere o raggiungere se il blocco non ci fosse.
È qui che generalmente, con molta delicatezza, invito il cliente a un cambio di prospettiva: sempre restando nella metafora, chiedo come può passare dall’altra parte del suo blocco. I clienti scoprono dentro di sé le risorse per immaginare di passare al di là, verso ciò che hanno visualizzato come obiettivo, e sempre stando all’interno della metafora si vedono a compiere delle azioni coraggiose e astute per superare il blocco.
Un muro si può buttare giù con un martello (Anna, 2019) una porta si può aprire (Maria, 2018), un cancello chiuso si può aprire con una chiave (Daniela, 2020), una staccionata si può spostare mettendovi sotto delle ruote (Anna, 2020), da un vicolo cieco si può uscire arrampicandosi sul muro (Nicolò, 2020), una pietra di può superare diventando l’acqua che scorre nel fiume (Angelica, 2017). E il cliente visualizza se stesso raggiungere ciò che potrebbe essere, ottenere o raggiungere superando il proprio blocco.
Il cliente smette di dire a se stesso che il blocco impedisce di fatto il raggiungimento del suo obiettivo, e inizia invece a chiedersi come poter superare quel blocco per raggiungerlo. La prospettiva di scarsità di possibilità si trasforma in una prospettiva di abbondanza, nel momento in cui il cliente realizza che ci sono varie possibilità di interagire con il blocco che ha visualizzato.
Il passaggio da un’affermazione negativa – ‘a causa di questo blocco non posso raggiungere il mio obiettivo’ – a una domanda – ‘come posso superare questo blocco per raggiungere il mio obiettivo?’ – mette il cliente nella posizione di individuare una risposta alla propria domanda, interrogandosi di fatto su come superare il blocco. Questo è il momento in cui si esce dalla metafora e si torna al reale, andando ad analizzare le possibilità che la situazione concede, o andando ad analizzare come il cliente può porsi diversamente rispetto a contesto per individuare possibilità di azione per superare il blocco visualizzato.
La prospettiva di scarsità richiama la definizione di Seligman dell’impotenza appresa (1975), termine che si riferisce all’abitudine di interpretare sempre in maniera negativa ciò che succede, al punto che l’individuo pensa di non essere abbastanza capace di affrontare la maggior parte delle cose che accadono nella sua vita e non tenta pertanto nemmeno di affrontarle.
La prospettiva di scarsità, che porta il cliente a visualizzare il blocco, è una prospettiva che si nutre della convinzione di non poter agire verso l’ottenimento del proprio obiettivo, che si ferma riconoscendo un blocco e registrando l’impotenza di proseguire. Il blocco, che nella metafora portata dal cliente assume i contorni di un vero e proprio oggetto, nella realtà può assumere i tratti di una convinzione limitante, di una paura, di una risorsa che il cliente pensa di non possedere. Dicendo a se stesso che non ha possibilità di agire in virtù della propria convinzione il cliente sbarra letteralmente la strada a se stesso.
La prospettiva di abbondanza, che ha radici nella ricerca attiva di possibili alternative, mette invece il cliente nelle condizioni di poter valutare la situazione analizzandola per quella che è, considerando l’elemento di disturbo (che non definisco appositamente più blocco) ma non fermandosi ad esso. La prospettiva di abbondanza riguarda infatti ciò che accade al di là del blocco e al contempo ciò che è necessario per andare oltre al blocco stesso. La prospettiva di abbondanza richiama la definizione di speranza propria della psicologia positiva, che può essere definita come uno stato di motivazione positiva, basato su tre componenti, ovvero obiettivi da raggiungere, strategie per il raggiungimento degli obiettivi e motivazione a raggiungerli (Snyder e al, 1991). Al contempo la prospettiva di abbondanza si nutre con l’ottimismo, la cui definizione in psicologia positiva indica come la tendenza a credere che si possano raggiungere dei risultati positivi piuttosto che negativi (Scheier e Carver, 1985). Carver sottolinea come, per essere ottimista, sia necessario avere un’aspettativa positiva nei confronti del futuro (Carver et al, 2010).
Il cliente, con il cambio di prospettiva da scarsità ad abbondanza ha la possibilità di allenare speranza ed ottimismo, per utilizzarli come strumenti utili al proprio percorso futuro. L’allenamento all’ottimismo ha lo scopo di sostenere il cliente nella creazione di ciò che Seligman definisce ottimismo flessibile, ovvero il pensare positivo ma in modo realistico: la capacità di scegliere il modo in cui esaminare le avversità, l’essere in grado di sapere in quali circostanze è opportuno avvalersi del pensiero ottimista senza per questo abbracciare la prospettiva di un cieco ottimismo (Seligman, 1990).
Questo cambio di prospettiva può influire positivamente non solo sul percorso di coaching del cliente, ma anche sul suo benessere psicofisico futuro, in quanto, secondo la psicologia positiva, se il cliente considera le sfide al di là delle proprie capacità potrebbe entrare in uno stato di vigilanza e di ansia, epotrebbe ritrarsi dall’agire. Cambiare prospettiva e focalizzarsi sulla ricerca di possibili soluzioni e competenze da mettere in campo, orientarsi all’abbondanza sostiene il cliente nel nutrire la propria idea di sé di una persona competente, strutturata e con strumenti adatti ad uscire dalla sensazione di blocco e di impotenza. Percepire armonia e coerenza tra le sfide che incontra e le proprie competenze per affrontarle, invece, può avvicinare il cliente a quella che Csikszentmihalyi (1975) definisce la flow experience, l’esperienza ottimale, che coinvolge l’individuo globalmente, concentrando nel compito aspetti cognitivi, emotivi e comportamentali ed assorbendolo completamente. La totale armonia con quello che si sta facendo offre la possibilità di accrescere le proprie capacità, mettendosi in gioco, testando e imparando nuove competenze, e la propria autostima (Csikszentmihalyi e LeFevre, 1989). La flow experience attiva il flusso dinamico di energia mentale che attiva risorse e potenzialità dell’individuo, in un circolo virtuoso dal quale l’individuo esce più ottimista e più consapevole delle proprie abilità.