A Coaching Power Tool By Valeria Iannazzo, Coaching Per Studenti/Professori/Dirigenti Scolastici Coach, ITALY
Errore vs. Errare
Il mio Power tool è frutto di un percorso che raccoglie i frutti di anni di esperienza nell’ambito dell’apprendimento, che mi vede protagonista: come allieva, insegnante, madre e oggi anche coach.
L’ apprendimento mi ha sempre affascinata, lo si associa spesso a contesti puramente scolastici, ma basta fermarsi un attimo per capire che, è un processo che accompagna ogni momento della nostra vita e quindi, non circoscrivibile in termini di spazio e di tempo.Proprio perché così pervasiva, l’esperienza di apprendimento, merita di per séuna riflessione che diventa ancora più urgente se, di questa, se ne colgono gli aspetti emotivi e motivazionali. Spesso, infatti quando si parla di apprendimento lo si coglie ed esaurisce nel suo aspetto puramente “razionale” dandone così una visione riduttiva e parziale di un processo invece così complesso e ricco.
Negli ultimi anni si è sviluppato un nuovo filone di ricerca scientifica[1][2], focalizzato proprio sullo studio del rapporto fra cognizione e emozione, a cui è stato dato il nome di “warmcognition”, letteralmente “cognizione calda”. Questi studi sottolineano come nell’intero circuito del nostro cervello le funzioni si attivano in sincronia e diacronia e che quindi a ogni attività cognitiva corrisponde un tracciato emozionale.
Parlando di emozioni,urge una premessa come base del successivo argomentare: non può e non deve essere applicato un criterio di giudizio che le vede in una dinamica di dualismo o antitesi. Riconosciuta l’utilità di queste e la loro importanza sul piano evolutivo,è più consono parlare di emozioni funzionali o non funzionali al raggiungimento di un obiettivo o emozioni che servono di più o di menoin un determinato momento.
Fatta questa premessa,quanto esposto finora mi è utile a far comprendere ancor di più la mia esperienza nell’ambito dell’apprendimento come: alunna, insegnante, genitore e coach. Ho constatato negli anni che l’apprendimento viene spesso vissuto con:paura,noia, apprensione, tristezza, distrazione, pensierosità; Ma alle volte si colora anche di emozioni ancora più intense, fatte di: rabbia, terrore e angoscia.
Queste emozioni hanno una ricaduta pesante in termini di qualità dell’apprendimento, perché lo rendono fragile e instabile, influenzando concretamente i processi cognitivi, come attenzione, memoria e comprensione. La conseguenza più impattante è data dal fatto che se in un contesto di apprendimento si proverà “paura o ansia si cercherà di evitare la situazione che la suscita[3]; Inoltre l’emozione provata in quel momento, viene messa in memoria con ciò che viene appreso. Per cui tutte le volte che si riprenderà dalla memoriaquell’informazione, si riprenderà anche l’emozione con cui si partecipa a quell’apprendimento.[4]
“Per cui se apprendendo un concetto, nello stesso tempo sperimento paura e senso di inadeguatezza, ogni volta che riapro quel cassetto della memoria, evoco entrambe le cose. Queste emozioni generano segnali di alert che dicono alla mente: questa situazione ti fa star male, evitala!”[5];
Vi sono altre emozioni di alert che non generano un buon apprendimento, ma che frequentemente lo accompagnano, mi riferisco alla vergogna e al senso di colpa. Quest’ultimo manda segnali al cervello, traducibili in espressioni quali “non sei stimato da colui che per te è significativo, non sei apprezzato”, la vergogna invece “non sei all’altezza, non sei capace”. In sintesi, queste emozioni generano un vero e proprio cortocircuito emozionale: nella memoria si ritrova l’apprendimento e l’emozione che lo invita a starne lontano. Un altro elemento constatato nella mia esperienza, è la paura di commettere uno sbaglio, la paura di commettere un errore, perché lo si riconduce alla propria incapacità, ci si sente incompetenti e si avverte la situazione fuori dal proprio controllo. Questa sensazione di impotenza è bloccante, ci si sente giudicati, in quanto si applica un processo di valore che dice: giusto/sbagliato, bene/male. In sintesi nel sentirsi giudicati, si è compiuto un passaggio dal giudizio sul comportamento al giudizio sull’identità, accompagnato spesso da un senso di abbandono. Questo atteggiamento dà solo spazio e si limita a constatare e sanzionare l’errore.
Negli anni queste emozioni, spesso mi hanno accompagnata nel mio percorso di apprendimento… solo crescendo e con la possibilità di gestire, personalizzare e quindi sentendomi protagonista del mio apprendere ho ricominciato a nutrire la fiducia, la determinazione, l’impegno, la forza, la costanza e il coraggio che hanno dato piena espressione alla mia motivazione ad apprendere, che era sempre rimasta viva dentro di me, ma che non trovava il palcoscenico giusto per esprimersi al meglio.
Questa esperienza ha fatto nascere in me il desiderio di intraprendere una rivoluzione gentile, in tutti i contesti di apprendimento, nel mio essere insegnante, nel mio essere genitore e nel mio essere coach.
Proprio questo cammino di coaching, da poco intrapreso, mi ha dato strumenti potenti per condurre questa rivoluzione gentile. Uno di questi è il Power tool, con il quale ho individuato, in maniera più efficace e puntuale quale fosse la prospettiva limitante, che crea quella sensazione di blocco, che limita la crescita, che non ti rende consapevole e non ti fa agire.
Prendere consapevolezza del fatto che l’errore è connaturato al vivere, significa sapere che è una conditio sine qua non dell’intelligere. Sapere questo porta a un cambio di prospettiva nel modo di viversi nell’ errore, sentendosi alleato piuttosto che nemico. Questa prospettiva è data principalmente dalla paura dell’errore, che genera a cascata quel turbine di emozioni sopra descritte e in lui affondano le radici.
Il mio desiderio è quello di creare uno strumento che permetta di superare questa prospettiva che vede L’ERRORE come qualcosa da evitare, perché espressione di un’assenza di abilità, nella quale non si vede via d’uscita e si vivono solo emozioni da cui allontanarsi, ad una prospettiva che veda nell’ ERRORE la possibilità di ERRARE, inteso come andare, muoversi verso qualcosa. Un muoversi che contempla in sé una meta non definita e precostituita, ma una meta che prende forma nello sperimentare, nel mettersi in gioco, nel provare e trovare la propria strada. Passare dall’ERRORE all’ ERRARE, significa:
- reagire all’errore nel modo adatto, cercando gli strumenti per correggerlo
- concedersi lo spazio di sbagliare e provare a correggersi
- sbagliare, cercare un rimedio, quindi apprendere
- attribuirne la possibile causa ad un uso di strategie inadeguate e poco funzionali e non all’assenza di abilità
- dirsi non sono io a essere sbagliato, ma bensì l’approccio utilizzato
- accettare sfide che permettono di mettersi in gioco, accettando di sbagliare
- avere come obiettivo, non l’evitare giudizi ma apprendere cose nuove
- chiedersi cosa non ha funzionato e cosa si potrebbe fare la volta successiva
- avere curiosità e interesse verso le “sfide ottimali”[6]
- sapere che l’errore è un’occasione per crescere
- sentire che si può FARE per cambiare le cose, per non percepire la situazione fuori dal proprio controllo
- guardarlo come un’opportunità per rinforzare i punti deboli del nostro apprendimento
Questo cambio di prospettiva, richiede un lavoro paziente, focalizzato sull’acquisizione di consapevolezza di sé, sull’abbandono del giudizio verso sé e verso gli altri e sulla conoscenza e padronanza delle proprie emozioni.
Passare dall’ ERRORE all’ ERRARE, significa in termini emozionali passare dalla paura al coraggio, dalla tristezza alla gioia, dalla noia alla curiosità…
Cosa si può attivare per far emergere queste emozioni?
Pensare che l’errore è connaturato al vivere, che “la mente non può non sbagliare” e “ l’errore è parte del processo di apprendimento”, è parte di quel processo in cui tu che apprendi, elabori ciò che hai appreso, modificandolo e integrandolo. “L’errore è un segnale di dove tu hai incontrato una fatica lungo il percorso di elaborazione… e da conseguenza di una colpa diventa la chiave di accesso del percorso cognitivo”.[7]
Quel senso di alleanza, sviluppa l’impressione di non essere soli e porta ad attivare le proprie risorse per affrontare le difficoltà insite nell’atto dell’apprendere.
Vivere emozioni di “abbondanza”, anziché emozioni di “scarsità”, significa avere il carburante idoneo per una mente che apprende, significa stimolare l’interesse, la voglia di impegnarsi e la curiosità.
In sintesi: emozioni di “abbondanza”, sono emozioni che dicono: cercami, piuttosto che scappa, continua ad apprendere, piuttosto che ti fa male.
Ricordiamoci che, se si impara con un’emozione di ansia la memoria insieme al contenuto appreso inciderà una memoria di ansia, che dice: scappa! … se impariamo con curiosità e gioia quell’apprendimento si inciderà nella memoria insieme alla curiosità e alla gioia, emozioni che ci diranno: cerca!
Concludo dicendo: concedersi il diritto di sbagliare, significa darsi la possibilità di errare, per trovare in quella ricerca del sentiero giusto, il proprio sentiero per apprendere!
Domande per riflettere:
- Cosa significa per te errore?
- Vedi una sola interpretazione dell’errore?
- Come ti senti quanto sbagli?
- Cosa ti spaventa dell’errore?
- Come ti vorresti sentire di fronte all’errore?
- Cosa dice di te l’errore?
- Quale emozione tocca l’errore?
- Cosa cambierebbe per te il concederti lo spazio per sbagliare?
- Che valore ha per te essere consapevole delle tue emozioni?
- Quali emozioni accompagnano il tuo apprendimento?
- Che ricaduta hanno le emozioni sul tuo apprendimento?
- Cosa puoi fare per sentirti protagonista del tuo apprendimento?
- Quali emozioni vuoi nutrire nel tuo apprendimento?
References
[1]Daniela Lucangeli
[2]https://www.stefanocentonze.it/10997-emozioni-imparare-warm-cognition-apprendimento-caldo/
[3]D. Lucangeli “Cinque lezioni leggere sull’emozione di apprendere”, Edizioni Centro Studi Erikson 2019
[4] Daniela Lucangeli, https://www.youtube.com/watch?v=CTBgX06Th1g
[5]D. Lucangeli “Cinque lezioni leggere sull’emozione di apprendere”, Edizioni Centro Studi Erikson 2019
[6] Harter, S. (1978) Effectance motivation reconsidered. Toward a developmental model, “Human Development” vol.21, n.1, pp.34-64
Harter, S. (1982) The perceived competence scale for children, “Child Development”, vol. 53, n. 1, pp. 87-97
[7] D. Lucangeli, op. cit.